(dis)UMANIZZAZIONE - MOSTRA

UNA FRATTURA NELL'UMANITA'

LA MOSTRA IN CORSO

Una Frattura nell’Umanità: La fotografia di Gabriele Vanetti alla Fondazione FGS

Dal 25 gennaio al 13 febbraio, la Fondazione FGS ospita per la prima volta una mostra di fotografia di reportage con “Una Frattura nell’Umanità” di Gabriele Vanetti. L’esposizione, aperta al pubblico ogni sabato e domenica dalle 16:00 alle 20:00, sarà inaugurata il 25 gennaio alle 18:00 alla presenza dell’autore. Attraverso scatti potenti e profondamente evocativi, Vanetti ci guida nella zona di esclusione di Chernobyl, un luogo sospeso tra passato e presente, dove il disastro nucleare e le recenti tensioni belliche hanno lasciato un’eredità di marginalizzazione e abbandono.

Chernobyl e la zona di esclusione

Il 26 aprile 1986, l’esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, situata nell’allora Unione Sovietica e oggi in Ucraina, ha causato uno dei peggiori disastri nucleari della storia. La catastrofe ha liberato nell’atmosfera una quantità enorme di radiazioni, costringendo all’evacuazione immediata migliaia di persone che abitavano nelle vicinanze.

Per contenere i danni, è stata istituita la zona di esclusione, un’area di circa 2.600 chilometri quadrati che circonda la centrale. Questa zona comprende parti dell’Ucraina settentrionale e della Bielorussia meridionale e rimane oggi una delle regioni più contaminate al mondo. Le città più note all’interno della zona sono Pryp”jat’, abbandonata dagli oltre 40.000 abitanti dopo il disastro, e il sito stesso della centrale.

Durante le prime fasi del conflitto russo-ucraino, nel febbraio 2022, la zona di esclusione è tornata tristemente al centro dell’attenzione. Le forze russe hanno occupato Chernobyl e i territori circostanti per diverse settimane, utilizzando l’area come punto strategico per avanzare verso Kiev. Questa occupazione ha riacceso le preoccupazioni globali per la sicurezza nucleare, poiché i combattimenti hanno interrotto i normali controlli delle radiazioni e minacciato l’integrità delle strutture di contenimento. L’occupazione ha inoltre aggravato la condizione delle poche persone rimaste nella zona, già costrette a vivere in condizioni di marginalizzazione estrema.

Il tema centrale: Il cannibalismo sociale

La mostra si inserisce nel progetto (dis)UMANIZZAZIONE, quest’anno dedicato al tema del cannibalismo sociale, una dinamica in cui la società marginalizza, assimila o esclude chi viene considerato una minaccia per la sua integrità. Gli scatti di Vanetti rivelano come la popolazione di Chernobyl, già devastata dal disastro nucleare, sia stata ulteriormente “cannibalizzata” da un sistema che ha preferito ignorarne l’esistenza. I pochi che sono tornati a vivere in quella terra contaminata sono stati letteralmente smembrati dal corpo sociale: sanno che esistono, ma vengono esclusi dalla narrazione collettiva e relegati ai margini, quasi come fantasmi.

La fotografia di reportage: Testimone e voce degli invisibili

La fotografia di reportage, al centro della mostra, è da sempre uno strumento potente di denuncia sociale. Nata con lo scopo di documentare eventi storici e realtà poco conosciute, questa forma d’arte non si limita a registrare i fatti, ma li interpreta, ponendo il pubblico di fronte a verità scomode.

La fotografia di reportage ha il potere unico di rendere visibile ciò che viene nascosto. Con “Una Frattura nell’Umanità”, Gabriele Vanetti si inserisce in questa tradizione, offrendo uno sguardo intimo e doloroso su una comunità dimenticata. Ogni scatto non è solo una testimonianza, ma anche una domanda rivolta allo spettatore: come possiamo ignorare ciò che sappiamo esistere?

Il contributo della Fondazione FGS

Questa mostra segna un momento importante per la Fondazione FGS, che per la prima volta apre le sue porte alla fotografia di reportage. Inserita nel progetto (dis)UMANIZZAZIONE, l’esposizione sottolinea il ruolo dell’arte come strumento per indagare e denunciare le contraddizioni della società. Attraverso gli scatti di Vanetti, la Fondazione riafferma il proprio impegno a utilizzare l’arte per dare voce a chi è stato messo a tacere.

Desideriamo creare uno strumento affidabile per le istituzioni e gli enti che collaborano con noi, aiutandoli a identificare criticità e bisogni, e proponendo soluzioni innovative e sostenibili in risposta a queste sfide. Il nostro scopo ultimo è fornire strumenti e idee capaci di migliorare concretamente il tessuto sociale.

Il nostro pubblico è la società nel suo complesso, su piani diversi. Vogliamo raggiungere cittadini, operatori del settore, istituzioni, scuole e associazioni, costruendo un dialogo aperto che unisca esperienze e competenze. L’arte continuerà a essere un linguaggio universale e accessibile, ma sogniamo anche di utilizzarla come uno strumento di ricerca, al pari della statistica o dell’analisi dei dati. Immaginiamo un futuro in cui l’artista diventi parte attiva del processo di indagine sociale, contribuendo con intuizioni e prospettive uniche.

Nell’ambito della ricerca, in particolare nell’educazione, vogliamo esplorare il ruolo delle arti visive e non visive come strumenti di comunicazione etica e di sensibilizzazione. Attraverso questo approccio innovativo, l’arte non sarà solo un mezzo per raccontare le problematiche sociali, ma diventerà essa stessa una componente del processo di comprensione e trasformazione.

Guardiamo oltre i confini della nostra provincia e regione, con l’ambizione di estendere il nostro modello a livello nazionale e, in futuro, immaginare nuovi sistemi per rendere più equa e solidale la gestione dei servizi anche a livello internazionale. Crediamo che la nostra Fondazione possa essere un laboratorio di idee e sperimentazioni che ispirino altre realtà e creino un impatto positivo su scala più ampia.

La nostra Vision è quella di una Fondazione radicata nel territorio ma aperta al mondo, in grado di unire arte, ricerca e innovazione per costruire una società in cui ogni individuo abbia gli strumenti e le opportunità per crescere, imparare e vivere in modo più equo e consapevole.

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