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Gabriele Vanetti
L'umanità secondo Gabriele Vanetti
Mi chiamo Gabriele Vanetti, sono nato a Varese nel 1984 e vivo ad Arcisate. Amo la fotografia spontanea, naturale in cui non ci sono nè pose, nè regia. Non mi basta scattare una bella immagine, con la mia fotografia cerco di raccontare qualcosa. Con la maschera sul volto per filtrare l’aria, il contatore di radiazioni sempre in tasca e l’autorizzazione del governo nel corso degli ultimi anni ho visitato più volte Chernobyl, la città fantasma di Pripyat e la zona di esclusione: un ambiente spettrale, dove il tempo si è congelato, un angolo di mondo segnato per sempre dagli effetti della radioattività, un angolo di mondo che non tornerà mai più come prima. La prima volta mi sono recato in questi luoghi spinto semplicemente dalla curiosità e dalla voglia di “toccare con mano” una storia di cui avevo sentito parlare solamente in televisione e su qualche giornale.
In seguito però, conoscendo i luoghi, ma soprattutto grazie alle persone che ho incontrato, ho sentito la voglia e il bisogno di tornare a parlare attraverso le mie fotografie di questa tragedia ormai quasi del tutto dimenticata che ancora oggi mostra i suoi effetti e ha costretto migliaia di persone a rinunciare a tutto.
Ma soprattutto ho sentito la necessità di raccontare le vite e le testimonianze di alcuni anziani che abitano tuttora nelle loro vecchie case, a cui non hanno voluto rinunciare, all’interno della zona di esclusione dopo tanti anni da quel triste 26 Aprile 1986. Storie di vita diverse, che dimostrano quanto queste persone hanno perso e quanto sono state danneggiate da quel terribile incidente nucleare. Un’ esperienza che mi ha letteralmente segnato emotivamente, che ha cambiato il mio modo di fotografare, ma soprattutto il modo di vedere il mondo che mi circonda e il modo di dare il giusto peso alle cose che mi circondano.
Per 5 anni consecutivi sono stato a trovare alcune di queste persone sia per portare loro alcuni generi di conforto sia per portare loro un sorriso e un po’ di compagnia. Con alcuni di loro ormai si è instaurato un vero e proprio rapporto di amicizia e affetto, un legame che mi spinge a portare avanti tutto questo progetto perchè l’eco di Chernobyl è un progetto anche per loro, per far conoscere la storia di queste persone.
Un reportage tutto in bianco e nero perchè la desolazione di questo angolo di mondo, rovinato dalla mano dell’uomo, non ha colori!